Chi sceglie una vacanza sulle Dolomiti sa che troverà splendide escursioni e paesaggi davvero mozzafiato: il suo cuore sarà conquistato da tanta bellezza e non vedrà l’ora di tornare. Ma sapete che queste montagne tanto amate un tempo erano sotto al livello del mare? E che, col passare delle ere geologiche, in tempi più vicini a noi, furono abitati da cacciatori che, certamente, erano più attenti a guardarsi le spalle dalle insidie quotidiane che ad ammirare i panorami? Al Museo Vittorino Cazzetta di Selva di Cadore, in Val Fiorentina, potremo scoprire qual era l’antico assetto di questi luoghi (un tempo dimora anche dei dinosauri) e come vivevano i primitivi, tra nomadismo e caccia.
Chi ha girovagato per i Monti Pallidi su sentieri magari poco battuti o lungo i torrenti, sicuramente si sarà imbattuto nei fossili, testimonianza inequivocabile che qui, tra queste splendide cime, un tempo c’erano il mare, le spiagge e addirittura barriere coralline. In quest’epoca (e più precisamente nel Triassico) si colloca, proprio in queste zone, la presenza dei dinosauri. Com’è possibile saperlo? Facciamo un passo indietro e conosciamo che ci ha permesso di scoprirlo.
Vittorino Cazzetta, originario della Val Fiorentina, era un esperto conoscitore della zona che, ovviamente, frequentava da quando era nato; sin da piccolo saliva assieme ai genitori sino a Mondeval ove avrebbe ritrovato, anni dopo, la sepoltura mesolitica ed era divenuto, col passare del tempo, conoscitore capace di tutta la zona. Nelle sue esplorazioni, già a partire dagli anni ’70 aveva ritrovato diversi fossili che conservava presso la sua abitazione e, successivamente, scoprì le serie di orme di dinosauri su di un masso staccatosi dal Pelmetto. La sua sete di conoscenza lo portava a compiere parecchi giri cognitivi (anche di più giorni) sulle montagne della Val Fiorentina e uno di questi gli fu fatale: salutò Pescul il 10 agosto 1996 per scomparire ed essere poi successivamente ritrovato morto, addirittura un anno dopo, nella parte alta della fessura del Piz del Corvo. Celebrati i funerali, il museo fu a lui intitolato: scelta più che condivisibile giacché a lui si deve la maggior parte dei reperti esposti.
E’ quindi grazie a Vittorino Cazzetta (e agli studiosi che poi vi si dedicarono) che oggi sappiamo che, prima di noi, furono i dinosauri a girovagare qui, certamente in un ambiente che appare molto diverso da com’è oggi. Camminavano su una sorta di battigia e, in uno dei loro passaggi, lasciarono quelle tracce che oggi è possibile ammirare (in un calco: le originali sono ancora in loco). Il museo vuole essere una sorta di viaggio immaginario lungo la storia di questa parte di Dolomiti, dalla preistoria ad oggi, facendoci conoscere le peculiarità e i suoi abitanti.
Dopo aver preso visione del filmato nella sala principale, siamo quindi pronti a salire le scale per iniziare la visita che durerà circa un’oretta; subito ci immettiamo in un ampio corridoio che racconta l’orogenesi delle Dolomiti, dal mare all’aspetto attuale con un approfondimento riguardo alla Val Fiorentina. Alla fine del corridoio ecco che arriveremo al salone principale (quello più atteso ed agognato dai piccoli ospiti) ove troneggia la lastra di roccia ove sono indelebilmente impresse le orme degli antichi (ed enormi) abitanti della Terra.
L’effetto wow, per i bambini, è assicurato e durante le visite guidate gli esperti riescono a catturarne l’attenzione anche servendosi di piccole orme in legno che i piccini dovranno poi provare a calcare; con spiegazioni molto semplici racconteranno loro che, in tempi assai remoti, questi bestioni solevano passeggiare proprio come noi oggi: questa scoperta ai tempi (1985) fu assolutamente sensazionale perché permise di collocare in maniera definitiva i dinosauri anche entro i confini del territorio italiano, presenza che sino a quel momento era stata soltanto presunta.
Diverse specie abitavano quindi queste montagne (che, ai tempi, erano piatte distese di sabbia): le impronte più evidenti (lunghe cadauna circa 12 cm) riguardano l’ornitischio, piccolo ed erbivoro, ma altre sono riconducibili a ceratosauri, carnivori, dalle dimensioni però ridotte (non erano alti più di un metro). Mal conservata invece è una traccia al limitare del masso: si tratterebbe di orme di prosauropode, un dinosauro erbivoro dalla lunghezza ragguardevole di 4 metri, della famiglia dei brontosauri. Tanti e diversi quindi convivevano da queste parti: chissà che gran confusione!
La visita alla sala continua con la lettura dei pannelli esplicativi, che ben identificano le condizioni del periodo preistorico; successivamente si passa all’altra importantissima area museale che riguarda un’epoca a noi più vicina: il Mesolitico, in cui vivevano i nostri antenati dediti alla caccia e a al nomadismo.
Il Mesolitico si colloca dagli 11.000 ai 7.000 anni fa, tra il Paleolitico e il Neolitico, e in questo periodo l’uomo è nomade e si sposta in quota nei mesi estivi per sfruttare la fauna locale e cacciare, si afferma la pesca e la raccolta di prodotti autoctoni: il paesaggio in cui si muove è lo stesso di quello attuale e anche il clima è pressoché simile.
In quest’epoca è vissuto il cacciatore mesolitico ritrovato nel 1985 da Vittorino Cazzetta sotto ad un masso erratico in località Mondeval di Sopra e chiamato affettuosamente Mondy: fu un uomo importante per la propria tribù, in quanto mostra un corredo funebre di alto livello e, proprio da questo, si sono formulate parecchie ipotesi su tradizioni e credenze. Attraverso di lui abbiamo potuto comprendere molto anche sulle armi e sui manufatti, arrivando a stabilire con buona precisione le tecniche di costruzione e di conservazione.
Ma prima di arrivare a incontrare Mondy, l’allestimento ci guida alla scoperta della civiltà mesolitica, raccontandoci di come venivano prodotti e lavorati gli oggetti che sarebbero serviti per cacciare o per plasmare le armi stesse, ma anche erudendoci sul contesto ambientale e sugli aspetti tipici della vita, con anche una ricostruzione a grandezza quasi naturale di un’abitazione tipica, ricavata quasi sempre in grotte o ripari offerti dalla natura stessa.
Ed infine, in una sala climatizzata, eccolo apparire: Mondy! Ricomposto esattamente come fu inumato ben 7500 anni fa, gli elementi decorativi e il suo ricco corredo funebre vorrebbero raccontarci molte cose di lui, ma purtroppo alcune sono ancora al di là della nostra comprensione. I diversi ornamenti fanno credere che fosse un membro rispettato tra la propria gente mentre alcune armi e ammennicoli portano a pensare che ne fosse stato dotato in vista di una possibile vita ultraterrena: non ne avremo mai la certezza, ma gli studiosi sono propensi a ritenere che già in quest’epoca si stesse sviluppano l’idea di un’esistenza oltre la morte.
Dopo aver ammirato Mondy, potremo tornare al piano terra e terminare la nostra permanenza oppure scegliere di visitare gli altri allestimenti: noi siamo stati a gennaio 2017 quando alcuni di questi erano ancora in fase di sistemazione ma ora sicuramente saranno pronti per essere visti. Portate i vostri bimbi nei musei: non è vero che si annoiano, basta trovare la giusta chiave di lettura e sono certa che saranno entusiasti di vivere un’esperienza certamente diversa e fuori dal comune!
Con la nuova gestione da parte dell’Associazione Culturale Tramedistoria di Selva di Cadore saranno organizzati diversi eventi e laboratori anche per i più piccini: una notte al mese si potrà addirittura dormire al Museo Vittorino Cazzetta (ripetendo così la fortunatissima iniziativa lanciata dal Muse di Trento) mentre la mascotte Babaz inviterà a partecipare a visite guidate su misura per i bambini, anche in età prescolare seguite da interessanti laboratori creativi.