Quante volte ho sentito nominare il Rifugio Mulaz! Fin da piccola, è sempre stato uno spauracchio, un’idea di luogo inaccessibile, o quantomeno molto difficile e faticoso da raggiungere…ma una volta diventata adulta è rimasto una sfida, finalmente vinta: ecco la nostra esperienza escursionistica fin lassù, dove osano i più temerari e dove la montagna è vera ed autentica.
Attenzione: presenza di tratti attrezzati (alcuni in cattivo stato)
Innanzitutto, è doveroso dire che quest’itinerario è stato compiuto senza bambini (per una volta custoditi dai nonni), ed è l’unico che racconteremo, dal momento che l’intento del blog è proporre facili escursioni da fare con la famiglia; tuttavia, visto l’entusiasmo con cui l’abbiamo affrontato, non potevamo esimerci dal narrarlo, con tutte le dritte e le raccomandazioni del caso.
Essendo un’escursione che prevede partenza ed arrivo in località differenti, è bene organizzarsi con più autovetture, una da lasciare preventivamente al Pian dei Casoni – Val Venegia (dove si rientrerà) e l’altra a Passo Valles, da recuperare poi a fine giornata; l’alternativa è l’autostop o la richiesta di un passaggio ad altri trekker (come abbiamo fatto noi!), ma non altrettanto di sicura riuscita.
Di buon mattino, dalla sommità del Passo Valles (m. 2031), valico che mette in comunicazione la Valle del Biois, in Veneto, con il Primiero e la Val di Fiemme (in Trentino), subito ci incamminiamo lungo il sentiero 751 che, in buona pendenza, ci rivela prontamente la tipologia di itinerario che stiamo andando ad affrontare.
Dopo il primissimo tratto ripido si inizia a camminare dolcemente tagliando la costa della montagna, sino ad arrivare al primo tornante: è segno che ormai stiamo per guadagnare la Forcella Venegia (m. 2212), bellissimo punto panoramico da cui possiamo iniziare ad ammirare lo splendido Gruppo delle Pale (visione che ci accompagnerà per un buon periodo), nonché i Lagorai più lontano e, dalla parte opposta, la catena di Cima Uomo (m. 3003) e, dietro ancora, la Regina Marmolada (m. 3342).
Dopo questo primo duro pezzo (della durata di circa mezz’oretta), inizia una parte più tranquilla, certamente lunga, costellata da continui saliscendi; le nostre gambe saranno messe a dura prova, e la fatica sarà mitigata soltanto dalla bellezza del paesaggio: la Val Venegia sottostante si offre al nostro sguardo in tutto il suo incanto (che ammireremo poi da vicino nel pomeriggio), mentre da lontano possiamo scorgere perfino Baita Segantini, proprio al cospetto del maestoso Cimon de la Pala (m. 3184).
Dopo tanti su e giù, eccoci finalmente arrivare al Passo di Venegiota (m. 2303), dove un cartello ottimista indica ancora 1 ora e 45 minuti per raggiungere il Rifugio Mulaz…diciamo che ciò che un tempo era stato scritto sotto da un turista (“di corsa forse”) che ho visto in alcune foto, in effetti rende l’idea! Purtroppo la strada da qui è ancora lunga, ma continuiamo sempre sereni lungo il nostro 751 che, poco oltre la forcella, ci fa dire addio (per il momento) al panorama sulle Pale per proporci la Valle del Biois: dopo esser transitati lungo un tratto abbastanza esposto (dove un cordino d’aiuto non sarebbe stato male) a strapiombo sulla parete, ecco che ci ritroveremo catapultati in mezzo ai prati del bacino del Focobon (m. 3054), di cui iniziamo già a scorgere l’inconfondibile triade.
Lasciatoci alle spalle il Passo dei Fochett di Focobon (m. 2291), purtroppo poco riconoscibile, deviamo tutto a destra (intuitivamente) per seguire il nostro segnavia che, per ancora un bel tratto, continuerà a perdere quota: dovremo tagliare gran parte della parete del Monte Mulaz (m. 2906) per portarci alla base della salita che, finalmente ci condurrà alla tanto agognata meta.
Che siamo ormai giunti all’ultima parte del nostro percorso lo stabiliremo non appena incontreremo la prima delle ferrate da affrontare: la corda metallica, in questo punto, consente di oltrepassare un tratto su roccia a strapiombo, ma ahimè non si trova in ottimo stato, giacché risulta staccata in alcuni punti…abbiamo provveduto a segnalare la cosa al CAI, pertanto speriamo vivamente che sia stata sistemata, per una maggior sicurezza di tutti i trekker.
Ancora una camminata in leggera discesa ci condurrà ai successivi tratti attrezzati, stavolta molto meno pericolosi: ci aiutano a superare alcuni salti di rocce senza fare una fatica enorme, consentendoci di scaricare il peso; poco distante da noi, anche un nevaio che è straordinariamente sopravvissuto al caldo eccezionale dell’estate 2015.
La via qui si fa davvero faticosa e induce a fermarsi più volte per riprender fiato; ogni dieci metri di strada saliamo vertiginosamente, dovendo recuperare in una parte relativamente breve il molto dislivello; il panorama offerto è decisamente splendido ed appagante, il che aiuta notevolmente nei momenti di sconforto…ma non ci si perde d’animo!
Dopo l’ennesimo ripidissimo pezzo ecco che, come in un sogno, la strada si spiana e, finalmente, in lontananza ecco comparire la splendida casetta tipica dalle imposte bianche e azzurre: oltrepassato il Sasso Arduini (m. 2582), ancora dieci minuti scarsi di cammino ci separano dal Rifugio Mulaz (m. 2571): è una conquista!
Non meno di 3 ore e 30 minuti sono trascorsi dalla nostra partenza a Passo Valles , ma la soddisfazione è davvero incredibile, come lo è il panorama lunare: il Rifugio Mulaz si trova infatti al limitare della Valle del Focobon, di cui ammira da vicinissimo l’imponente mole e il ghiacciaio perenne; in fondo, ecco far capolino Cime Pape (m. 2502) e, oltre, il Civetta (m. 3220): la nostra vista sembra proprio proiettata come attraverso un binocolo, dal quale si scorgono le imponenti cime dolomitiche.
Dopo un lauto pranzo (dopo tanta fatica, bisognerà assolutamente gustarsi un piatto tipico: il Rifugio Mulaz vanta davvero un’ottima cucina) e l’immancabile timbro sul Passaporto delle Dolomiti (che, oserei dire, qui ha quasi un valore doppio!), siamo pronti per affrontare la seconda parte della nostra giornata, che ci condurrà verso casa.
Da qui invero, si potrebbe anche scendere a Falcade lungo la via 722 senza particolari difficoltà e nemmeno pezzi esposti; il cartello che indica però 2 ore e 15 minuti è davvero troppo ottimista, dal momento che di ore ce ne si impiega almeno una in più, se non oltre…la bassa Valle del Focobon però, dopo l’omonima Casera (m. 1854), non offre molto dal punto di vista paesaggistico, addentrandosi poi in un conoide molto poco panoramico e successivamente nel bosco. Molto meglio quindi servirsi del Sentiero Quinto Scalet e guadagnare il Campigol della Vezzana (m. 1918) e, successivamente, la Val Venegia e Pian dei Casoni.
Una breve salita ci porterà, in dieci minuti scarsi, al Passo del Mulaz (m. 2619), dove si abbandona la vista sulle Dolomiti bellunesi per riportarsi su quelle trentine: da qui le possibilità di esplorazioni del Gruppo delle Pale sono davvero molteplici, come ad esempio la conquista del Rifugio Rosetta (m. 2581) col sentiero 703, oppure, dopo aver oltrepassato il Passo delle Farangole (m. 2814), al Passo delle Fede (m. 2688) col 755 alla volta della Val di Gares…giri senz’altro eccezionali e splendidi, ma destinati a trekker esperti ed attrezzati.
Noi proseguiamo lungo il nostro 710 che, una volta svalicato, inizia a scendere deciso: il sentiero Quinto Scalet, inaugurato nel 2007 e intitolato alla memoria della guida alpina di San Martino di Castrozza, ha sostituito il vecchio tracciato divenuto instabile a causa di una bufera; con i suoi 1930 metri di lunghezza, per un dislivello di oltre 500 e ben 103 tornanti, è la via d’accesso più rapida al Passo del Mulaz, e forse la più “tranquilla”; dopo un iniziale tratto su ghiaia, procediamo pian piano (visto il fondo un po’ sdrucciolevole), in alcuni punti aiutati da cordini metallici (ma nulla di paragonabile a ciò che abbiamo affrontato durante la salita), fino ad arrivare al limitare del bosco, segno che, dopo aver attraversato diversi “ambienti”, ormai la fatica è terminata e siamo arrivati finalmente in Val Venegia.
Ma certo non è ancora finita! Perché ora dobbiamo ritornare a Pian dei Casoni (m. 1693), dove abbiamo lasciato la macchina la sera prima: la discesa verso Malga Venegiota (m. 1824) prima e Malga Venegia (m. 1776) poi, avviene in un tripudio di colori meravigliosi, come sempre sa offrire la Val Venegia, punta di diamante del Primiero; qui, decisamente affaticati dopo quasi 7 ore di cammino, vedremo le famiglie coi bambini divertirsi e giocare (come sappiamo, è infatti un luogo decisamente adatto ai più piccini): la prossima volta sicuramente ci muoveremo ancora coi nostri pargoli, ma per oggi posiamo ritenerci orgogliosi dello stupendo giro completato.
L’ascesa al Rifugio Mulaz è molto dura e faticosa, certamente inadatta ai bambini, pur nello zaino, anche per via dei numerosi tratti attrezzati: certamente è però una grande soddisfazione poterla annoverare nel nostro palmares, e raccontarla come un’impresa (per noi) quasi eroica!
Desidero ricordare che, qualunque sia l’escursione che si desidera compiere (questa in particolare, ma anche tutte le altre), è assolutamente necessario che sia affrontata con la giusta attrezzatura e il corretto abbigliamento (soprattutto le calzature, che devono essere sempre di tipo tecnico), dopo aver ovviamente valutato che sia anche adatta alle proprie capacità ed allenamento. Purtroppo però, anche prendendo tutti i più opportuni accorgimenti può sempre accadere un imprevisto, ed è quindi importante munirsi anche di una polizza: con Viaggi Sicuri per esempio, ci si può assicurare per le attività sportive ed in particolare per il trekking (basta restare sotto ai 4.000 metri, ma per le Dolomiti questo problema non sussiste!).