Le leggende delle Dolomiti sono davvero tante ma tra tutte spicca la saga del regno dei Fanes, popolo inizialmente tranquillo e pacifico, poi però divenuto battagliero e avido a causa del suo re malvagio e della figlia, l’invincibile Dolasilla. Per comprenderne l’origine, oggi saliremo da Capanna Alpina, in Alta Badia, sino all’altopiano teatro di tante guerre mitiche, per poi giungere al Rifugio Gran Fanes e al lago di Limo, ultimo avamposto prima della discesa verso i rifugi Lavarella e Fanes.
Per arrivare al nostro punto di partenza, è necessario salire verso il Passo di Valparola. Ad un certo punto (poco oltre l’abitato di Armentarola) noteremo una deviazione sulla sinistra.
Seguiamola e guidiamo sin dove è possibile: giungeremo infatti a Capanna Alpina con, di fronte, un ampio parcheggio a pagamento. Posteggiamo, inforchiamo gli zaini e prepariamoci ad un’escursione magica!
Indicazioni per parcheggio Google Maps: Capanna Alpina
Dopo aver quindi parcheggiato la nostra autovettura nell’ampia area sosta a pagamento nei pressi di Capanna Alpina (m. 1720), base di partenza per molte escursioni, subito ci avviamo a grandi passi lungo l’unico sentiero che, poco oltre, si biforca.
A destra saliremmo verso il Rifugio Scotoni e le cime del Lagazuoi, mentre a sinistra ci aspetta l’altopiano di Fanes, nostra meta odierna. Inizialmente la via sembra proseguire facile e tranquilla quasi convincendoci che sarà una giornata facile ma presto saremo costretti a cambiare idea.
Ecco che la mulattiera muta decisamente pendenza, lasciandoci scoprire quanto erta sarà la via, almeno sino al Col de Locia (segnato ad un’oretta), una volta conquistato il quale potremo tirare un sospiro di sollievo.
Si cammina quindi in salita decisa coprendo circa metà dell’ascesa, ammirando le splendide vette del Piz Dles Conturines (m. 3064) illuminate da un caldo sole nascente. Tutt’intorno a noi le cime sembrano creare un anfiteatro roccioso consentendoci di faticare un po’ meno, appagati dal panorama davvero unico.
Il Col de Locia è proprio in alto sopra di noi: guadagnata una verde radura con tanto di panchina, capiremo che la strada sin qui percorsa sarà stata solo un allenamento… Infatti, superato il Plan de Furcia si ritorna a salire, ancor più arditamente di prima: saranno tanti i momenti in cui ci si fermerà a riposare.
Fortunatamente si potrà sempre prendere la scusa di scattare foto, data la bellezza incredibile del paesaggio che, dietro di noi, pian piano si apre iniziando a mostrarci l’altopiano di Pralongià e, dietro, la Marmolada.
Il sentiero non lascia spazio a ripensamenti né a momenti di tregua anzi, esigerà da noi veramente grande concentrazione e dedizione. Chi porta lo zaino con il bimbo sarà opportuno si doti di bastoncini da trekking perché, vista la notevole pendenza, una volta di ritorno (in discesa) il rischio di scivolare è concreto.
Anzi, l’ultimo tratto, a zig-zag tra le rocce, è addirittura facilitato da un cordino metallico (ma non serve l’imbragatura, è solamente un aiuto per un maggior equilibrio), mentre il fondo è stato reso a gradoni per consentire un migliore grip sul terreno.
E quindi, dopo un’oretta di estrema fatica, finalmente si intravedrà la sommità del Col di Locia (m. 2069): ormai il più è fatto! Il panorama dinanzi a noi è veramente eccezionale e la vista può spaziare sino alla Marmolada e al Sella. Dietro di noi ecco aprirsi il verde altopiano di Fanes, culla delle più antiche e famose leggende dolomitiche.
Si narra che un tempo la regina dei Fanes governasse il suo popolo con grande amore e saggezza: decise però di sposare un sovrano straniero, avido e assetato di potere, per il quale lei però perse la testa. Da questo matrimonio nacquero due bimbe, Dolasilla e Lujanta: quest’ultima fu affidata dalla regina alle marmotte, sue preziose alleate da sempre, affinché la potessero far crescere nell’armonia e nella tranquillità.
La piccola Dolasilla invece, crescendo, incontrò dei nani che le donarono delle frecce magiche, con la capacità quindi di combattere senza che potesse venir mai sconfitta.
Non pareva vero al suo cattivo padre: la mise infatti a capo dell’esercito affinché conquistasse tutti i regni vicini, accrescendo così il suo potere e le sue ricchezze. Ma, come sempre accade in questi casi, ci pensa l’amore a sconvolgere tutto: Dolasilla infatti incotrò il principe Ey de Net del quale si invaghì, ricambiata.
I due progettarono così di sposarsi e di smettere di combattere, volendo dedicarsi a “metter su famiglia” e vivere in pace. Il bellicoso padre però, ben sapendo che senza sua figlia non avrebbe più potuto sbaragliare gli avversari, decise di barattare lei e tutto il suo popolo in favore dell’alleanza con dei nemici, che gli avrebbero però assicurato il proprio appoggio per continuare nelle sue mire espansionistiche in cambio della distruzione di Fanes.
E così, grazie al malvagio incantesimo di Spina de Mul, vecchio stregone, Dolasilla morì in battaglia e il Regno di Fanes venne sbaragliato. La dolce regina, incapace di mettere in salvo il suo popolo nelle proprie terre, lo condusse, con un ultimo atto, all’interno del Morin di Salvans, il territorio sotterraneo delle marmotte, antiche alleate, dove ritrovò anche la sorella di Dolasilla, Lujanta.
Una volta all’anno Lujanta e la regina compaiono in barca sul lago di Braies e si narra che, proprio in quel giorno, si possa vedere dove sia la porta d’accesso al regno delle marmotte. Lì tutto il popolo di Fanes aspetta che suonino le trombe e possa finalmente uscire di nuovo alla luce del sole per riconquistare i suoi territori e l’antica pace e prosperità.
Da qui in poi, fortunatamente, non ci verrà più chiesto nessun particolare ulteriore sforzo sino alla conquista della meta e così la nostra vista potrà spaziare, affamata di incamerare e ricordare ogni singolo scorcio.
E così, dalla sommità del Col de Locia, iniziamo la nostra traversata dell’altopiano di Fanes che ci condurrà sino all’omonimo Rifugio Gran Fanes, dato a un’ora e venti minuti. La distanza da coprire non è affatto breve, anzi, almeno sei chilometri ci separano dalla nostra meta: quindi gambe in spalla e pronti con la macchina fotografica!
Il sentiero 11 parte in leggera discesa e subito potremo capire in quale meraviglia siamo capitati. Corsi d’acqua scorrono lenti e borbottanti in mezzo a verdissimi pianori, alte cime, nuvole che si rincorrono…
La sensazione è davvero quella di trovarsi all’interno di una fiaba e non stupisce affatto che questi luoghi siano diventati leggendari e siano state ambientate alcune delle più famose storie mitiche dei Monti Pallidi. Da ogni masso sembra dover uscire un nano, dalle limpide acque le fate delle sorgenti e la principessa Dolasilla comparire da un momento all’altro in sella al suo destriero…
Camminiamo in mezzo al Piz Dles Conturines (m. 3012) e il Piz Dl Lech (m. 2654) molto facilmente, senza fare praticamente alcuna fatica. Dopo qualche minuto si aprirà dinanzi a noi un altro pianoro stupendo solcato da un magnifico torrente: una spettacolo incredibile, che sarà solo il primo di una lunga serie di paesaggi davvero incantati.
Dopo aver passeggiato lungo la dolce radura, il sentiero prenderà leggermente quota per farci oltrepassare una selletta e consentirci di guadagnare, poco oltre, uno dei bivi della giornata.
Se proseguissimo verso destra (segnavia 20B) arriveremmo, naturalmente con fatica e con un sentiero più difficile dell’attuale, poco sopra il Rifugio Scotoni, al Lech de Legacio, attraversando la Forcella Dl Lech (m. 2486).
Eccoci arrivati al Gran Plan, un altro splendido piano che pare quasi un campo di calcio anzi, più di uno!, data la sua enorme estensione. In fondo si scorgono già i Munt de Gran Fanes, formazione rocciosa multistrato, ai piedi dei quali potremo finalmente incontrare il nostro rifugio.
Al Ju da l’Ega, dove ci troviamo noi ora, (il punto più alto del percorso) si stacca a sinistra il Tru Dolomieu che, dapprima in ripidissima ascesa e poi con tratto di difficoltà alpinistiche, conduce sino alla cima del Piz Dles Conturines attraversando panorami d’indubbia e selvaggia bellezza… Un’escursione spettacolare, certamente per i più esperti senza bimbi.
Il Rifugio Gran Fanes si avvicina sempre più e, in fondo, possiamo già intravedere le Perei de Col Bechei, una delle formazioni più famose della Valle di Fanes. Alla nostra destra ormai il precedente panorama sul Piza Dl Lech ci ha abbandonati da tempo in favore del Pizes de Ciampestin (m. 2834) che, con la sua anticima, domina dall’altro versante l’altopiano.
In fondo ecco comparire l’inconfondibile sagoma di una casetta: finalmente siamo quasi arrivati!
Il Rifugio Gran Fanes è solo apparentemente vicino giacché, per arrivarci, occorreranno almeno altri venti minuti di cammino. Che meraviglia però!
Infatti, la valle si apre per regalarci splendidi panorami tutt’intorno: una fitta rete di sentieri (la maggior parte non segnalati) parte all’esplorazione di queste selvagge montagne.
Uno su tutti il Friedensweg che si arrampica sino al Pizes de Furcia Rossa e al Bivacco della Pace (m. 2790) su Monte Ciastel… Chissà che vista spettacolare! Certamente riservata agli alpinisti esperti, dal momento che non vi sono punti d’appoggio e la via è molto impervia.
Noi però che siamo sin qui giunti coi bimbi abbiamo sicuramente di che poter gioire: di fronte a noi il Rifugio Gran Fanes (m. 2102) ormai raggiunto, ci dona una vista incantevole che sembra quasi pronta per essere immortalata in un puzzle.
La baita è davvero deliziosa, molto piccolina (a dispetto del nome) e offre sterminati prati ove accomodarsi per consumare il proprio picnic (qualora non desideriate consumare al pranzo al rifugio) e qualche giochino per i bimbi (sabbiera) che, comunque, non guarderanno poi molto dal momento che ci sarà ben altro a tenerli impegnati.
Sì perché qui ci sono davvero moltissimi animali: mucche, caprette, polli, galline, asinelli, maialini, cavalli… Quale miglior occasione per avvicinare i nostri amici a quattro zampe?
Mamma e papà avranno il loro bel daffare per raccontare ai più piccini tutte le peculiarità delle singole razze! Poco lontano anche bassissimi laghetti e torrentelli ove pucciare i piedini e tirar qualche sasso… Insomma, qui la noia è assolutamente bandita.
Arrivare sin qui è stata lunga, anche se non particolarmente impegnativa (se eccettuiamo il primo tratto di salita al Col de Locia). Si potrebbe però completare la splendida passeggiata salendo poco oltre sino al Lech de Limo (m. 2159) e all’omonimo passo posto a 2172 metri, dal quale la vista non potrà che farvi sussultare il cuore.
E quindi via, ancora un piccolo sforzo!
Lasciato alle spalle il Rifugio Gran Fanes e ignorato il bivio col in sentiero 10 (che condurrebbe verso Cortina d’Ampezzo e la Valle del Boite), iniziamo la dolce salita verso il Passo di Limo incanalandoci lungo una “strettoia” tra gli avamposti del Col Becchei (m.2751) e del Sas dai Bec (m. 2562).
Dopo poco già perverremo ad un vasto pianoro dove la nostra vista potrà spaziare tra l’azzurro del cielo, il verde dei prati e il bianco delle rocce. E altrettanto in brevissimo tempo, alla nostra destra, spunterà il Lech de Limo, turchese specchio d’acqua ai piedi del Piza de Limo (m.2456).
La sua portata varia molto a seconda delle precipitazioni per cui potrebbe essere sia che lo troviate pieno che, ahimè, quasi vuoto… In qualsiasi caso la sua bellezza non verrà meno e sicuramente darà modo di farsi apprezzare a dovere.
Ancora però qualche metro per arrivare al Passo di Limo e alla sua croce: ne varrà davvero la pena!
Infatti, una volta raggiuntolo, ecco che il panorama si aprirà sul Valun de Fanes e noteremo i rifugi Fanes (m. 2060) e Lavarella (m. 2042) brillare come perle luminose in mezzo ai lussureggianti pascoli e le montagne tutt’intorno incorniciare un paesaggio che pare uscito direttamente da una cartolina…
Si potrebbe anche decidere di raggiungere tutta questa bellezza: bisognerebbe però mettere in conto una nuova discesa e (ovviamente) un’ulteriore salita, senza considerare poi le tre orette che dobbiamo aggiungere per rientrare alla nostra base, Capanna Alpina.
Organizzandosi con i mezzi pubblici (o due macchine) si potrebbe compiere tutta la traversata e, invece che tornare al punto di partenza, proseguire sino al Rifugio Pederù, nella valle di Marebbe.
Noi però ci accontentiamo di essere arrivati sin qui e di aver potuto godere di un così maestoso panorama: pian piano quindi rientriamo verso il Rifugio Gran Fanes e, dopo una maritata pausa, prenderemo la via di San Cassiano. Con nel cuore, però, il ricordo di una gita davvero spettacolare.